Note di regia

Lo spettacolo si dipana a partire da storie della mitologia greca, si sviluppa in un percorso attraversato tutto da un filo trasversale, di tipo femminile. Suggerisce come al tempo della mitologia greca (degli dei olimpici) fosse già pienamente avvenuta, nell'organizzazione della società, l'affermazione dei principi di predominio maschile, e il femminile si trovasse in piena condizione di sottomissione. Alcuni miti, tra cui quelli che noi trattiamo, furono orditi per sostenere questa visione maschile del mondo.

Nella prima parte dello spettacolo cerchiamo i legami fra il mito prometeico, l'avversione degli dei per gli umani, la nascita della prima donna. Seguiamo le versioni di Esiodo, integrandole con elementi successivi che arricchirono il mito, celebrando un Prometeo iniziatore della civiltà. L'insistenza interpretatìva riguarda l'ambiguità della figura di Zeus e del suo rapporto sia con Prometeo sia con gli umani (un dio scaltro tiranno o vittima dell'inganno?). In fase matura di affermazione degli dei olimpici e di organizzazione patriarcale si delinea il ruolo di Pandora, donna fatale e origine dei mali dell'umanità.

La parte successiva dello spettacolo svolge il "giudizio di Paride" con toni giocosi e lievi. Fingiamo di ignorare che nella tradizione, così come la presentiamo, si ribalti completamente la realtà storica più antica, che vedeva la sacerdotessa della grande Dea primeva, la Dea Madre, scegliere il divino paredro per 'nozze sacre' e in cui la triplicità rappresentava le differenziata manifestazione della dea stessa, ninfa, giovane e vegliarda; come dice R. Graves, "Afrodite non può che offrire la mela, non riceverla. Codesta mela infatti simboleggia l'amore della Dea ottenuto a prezzo della vita ".

Nell'ultima parte abbiamo spinto oltre il gioco teatrale, permettendoci di "rifare" Eschilo. Eschilo scrisse l'Orestiade per contribuire in modo politico allo spegnimento di sentimenti arcaici, ancora in movimento nella società ateniese, in nome del femminile. Rappresentiamo una scena dove palesiamo il senso della tragedia, in cui Clitennestra e Erinni agiscono in nome del più antico mondo matrilineare (in cui la parentela in linea femminile costituiva il legame più importante), dove si contrappongono Oreste e Atena, rappresentanti della legge dei padri. Un ultimo filo unisce la vergine Atena, figlia nata dalla testa di Zeus, e la madre Metis, cui la più alta divinità olimpica dovette rubare con l'inganno intelligenza e sapienza, incorporandole, per acquisire le virtù proprie della femminilità.

Letizia Gariglio